domenica 2 febbraio 2014

Poesia - Camillo Sbarbaro

Ancora un poeta ligure, Camillo Sbarbaro. Nato a S.Margherita Ligure il 12 gennaio 1888, rimane presto senza madre, morta di tubercolosi. Il piccolo Camillo e la sorellina vengono allevati da zia Maria, detta Benedetta; a lei dedicherà la raccolta di poesie "Rimanenze". Dopo il trasferimento della famiglia a Varazze, poi nel 1904 a Savona, il giovane si iscrive al liceo, dove le sue doti emergono nettamente. Fa leggere i suoi versi allo scrittore Zena che lo incoraggia a proseguire, mentre il suo professore di filosofia, ne apprezza, ne arricchisce lo spirito e la mente. Dopo il diploma trova lavoro presso una industria siderurgica, ma allo scoppio della grande guerra lascia l'impiego, si arruola volontario. Al suo ritorno sbarca il lunario con lezioni e traduzioni di greco e di latino e con supplenze nelle scuole superiori. Nel frattempo frequenta gruppi di intellettuali, fra questi Eugenio Montale, suo grande estimatore, (gli dedicherà una poesia "Sbarbaro, estroso fanciullo...")
e inizia a collaborare con diversi giornali liguri. Pubblica raccolte di versi e libri, il suo nome è divenuto riconoscibile, lo si giudica ormai uno scrittore. Da qui un susseguirsi di avvenimenti, di fatti e una lunga, interessante bibliografia. Schivo, colto, appartato, il mondo di Sbarbaro si delinea: il valore della semplicità, la ricerca del silenzio, l'ebrezza dei profumi tra agavi e salvie, il mare, la natura.....Da anni Sbarbaro coltiva una passione botanica, la raccolta e lo studio dei licheni. Crescono sulla corteccia degli alberi, sulle rocce, sui sassi, una simbiosi tra alghe e funghi. Questa passione aderisce perfettamente alla sua ricerca di solitudine e di intimità, la contraddizione sta nella sua difficoltà di vivere, di subire la vita pur amandola intensamente. "Felicità, non t'ho riconosciuta che al fruscio con cui ti allontanavi". La critica lo ha amato e a volte trascurato, ha colto però, nella sintesi della sua poetica sommessa, priva di retorica, il segno dominante: "Il suo punto d'arrivo era l'essenziale, la parola nuda, l'osso delle cose". Gli ultimi anni li trascorre a Spotormo con l'adorata sorella Clelia. Oggi Camillo Sbarbaro è un poeta un po' dimenticato, ma questo non gli sarebbe dispiaciuto, non amava il rumore degli elogi. 
Muore a Savona il 31 ottobre 1967.

P.S.
Molti campioni da lui raccolti e catalogati sono custoditi presso musei botanici e dipartimenti universitari europei ed americani. Molto importante il suo contributo alla collezione del Field Museum di Chicago, negli USA. Delle 127 nuove specie descritte da Sbarbaro, una ventina porta il suo nome.

A mio padre
Padre, se anche tu non fossi il mio 
Padre se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso egualmente t'amerei.
Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno
Che la prima viola sull'opposto
Muro scopristi dalla tua finestra
E ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
Di casa uscisti e l'appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra

E di quell'altra volta mi ricordo
Che la sorella mia piccola ancora
Per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte 
Dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l'attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l'avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo che eri il tu di prima.

Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t'amerei....

LB

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