Lentamente l'interesse della critica, non priva di riserve, si rivolse al giovane poeta; ma un sussulto l'ebbe alla seconda raccolta di versi, "Poesie scritte col lapis".
Il titolo suscitò curiosità e osservazioni scherzose come "..la labilità della matita, il lapis si cancella con la gomma più facilmente..."; ma un famoso articolo sulla Stampa di G.A.Borgese, coniando la definizione "crepuscolarismo", avallò e consolidò l'inizio di una carriera lunga decenni. Da allora un ininterrotto susseguirsi di pubblicazioni, raccolte di novelle, testi teatrali, romanzi, memorie di viaggi, l'uscita, per la Mondadori, della riedizione critica dell'opera omnia.. Lo stile della poesia di Moretti lo ritroviamo nei modelli crepuscolari, nel rifiuto dell'eroico e del sublime, nell'assenza di solennità, nella descrizione di semplici storie e negli aspetti dimessi di un mondo provinciale, non privo, a volte, di lampi di schietto umorismo.
Nel 1965, inaspettatamente e con grande ispirazione, riprese a scrivere, a togliere dal cassetto e a pubblicare vecchie e nuove poesie nel "Diario senza la data". Nella sua lavorativa terza stagione Moretti rifiutò l'etichetta di "crepuscolare", la sua opera infatti, soffusa da una più realistica e malinconica ironia, poggiata sul cardine di un impossibile ritorno al passato, gli conferì una legittima indipendenza stilistica. Si spense a Cesenatico il 6 luglio 1979.
Due poesie da "Poesie scritte col lapis" - 1910
Dolce la sera qui soli
nella penombra della stanza, presso
i vetri, e non parlar, neppur sommesso
e neppur seguir gli ultimi voli.
Immobili restare al proprio posto
dopo una lunga disputa e dal cuore
sentir vanire l'ultimo rancore,
e il rancore più vecchio e più nascosto.
Passar così tutta la vita! E' sera.
L'ombra...il silenzio...il tedio...più nulla.
Che importa? E' così vana e così brulla
la vita per quel po' di primavera.
Nulla: se in questa nostra ombra romita
sento che tutto è inutilmente come
se fosse solo una parola o un nome
breve, di quattro lettere, la v-i-t-a.
____________________________
Ma che è che vaga nell'aria?
Ed ecco vien di laggiù
l'eco di un canto, di più
canti, cento arie in un'aria.
Non parlare, anima mia;
prima che venga una stella
giriamo la manovella
d'un organo di Barberia.
Fa' che questo tuo poeta
che vive così distante
dal mondo chieda a un passante
una piccola moneta.
Taci dunque, anima mia;
mentre che scende la sera
andiamo dove ci conduce
questo suono, andiamo via.
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