Sono spinto, d' altro canto, da un ammirazione nei confronti dei cinque che va ben oltre il semplice aspetto intellettuale e secondo non voglio aggiungermi alla gia' folta coda di recensori che si prostrano ad essi, piu' per una consuetudine che per il reale apprezzamento della loro opera musicale, opera musicale invidiabile sotto ogni punto di vista. In continua oscillazione fra Avanguardismo e Brit - Pop dalle tinte commerciali, i Radiohead possono essere eletti, a buon titolo, tra i migliori gruppi degli ultimi 25 anni, titolo frutto di una carriera in cui il gruppo capitanato da Thom Yorke e' riuscito a sfornare capolavori dell' Arte ( Badate al termine Arte ) moderna come '' Ok Computer '', '' Kid A '' e '' Amnesiac '' e producendo in continuazione prove convincenti come per esempio l' ultimo '' King Of The Limbs ''. Partendo dagli esordi non molto convincenti di '' Pablo Honey '' e '' The Bends '', lavori piu' che dignitosi, ma scialbi rispetto alle loro opere massime, in cui troviamo rispettivamente perle come la decantatissima '' Creep '' nel primo, o '' Fake Plastic Tree '' e '' High And Dry '' per quanto riguarda il secondo, i Radiohead compiono la maturazione artistica decisiva con '' Ok Computer '', con il quale impongono con forza, artistica, la loro personale '' Excalibur '' nella '' roccia musicale ''. Un cd unico, oggetto di culto di tutto il movimento legato al '' Noise '', '' Post - Rock '' e affini. Sembra in effetti che, Sonic Youth a parte, i Radiohead abbiano preso il testimone di portavoce della '' Generazione X '' dai Nirvana ai quali hanno concesso la loro personale risposta all' inglese. Personalmente '' Ok Computer '' e' uno dei miglior 100 cd mai concepiti nella storia, poiche' solitario nel suo descrivere l' inquietudine che e' appunto una delle sindromi della societa' moderna. Bissano poi con '' Kid A '', cd piu' importante del terzo millennio per la rivista '' Rolling Stones '', paradigmatico dell' evoluzione e della continua sperimentazione in atto nella musica del 2000, ma che e' destinato a rimanere un diamante perso nell' immondizia. Seguono altri interessanti cd come '' Amnesiac '', le cadute di '' Hail To The Thief '', e i fortunati quanto ottimi ritorni alla ribalta di '' In Rainbows '' e '' The King Of The Limbs ''. Per quanto non mi sia concesso, l' evoluzione e il peso artistico da loro avuto, mi permette di insignirli dell' appellazione di '' Pink Floyd '' de noi altri, non ovviamente per lo stile, pur avvicinabile al progressive rock, ma per essere un gruppo totalmente a se', inimitabile, e che ci provino pure i Sigur Ros. Eppure, guardando al Festival di Sanremo questa mia convinzione e' lesa seriamente dalla comparsa di uno stranissimo cantautore di nome The Niro. Ovviamente lo ascolto e mi piace. Vado su Youtube e arraffo qualsiasi video porti il suo nome e ne rimango ancora piu' colpito, fino a che, ieri sera, non vedo trionfare, al suo posto, un cantante come Rocco Hunt che e' riuscito ad accaparrarsi il pubblico con una canzone tanto insipida quanto ruffiana. Solito finale all' italiana. Gia', non fosse per il fatto che ho avuto, come molti altri, l' opportunita' di ascoltare questa sorta di '' mini - Thom Yorke '' all' italiana di cui conosco veramente poco ma che fara' sicuramente tanto parlare di se' perche' veramente dotato di un talento che non si vede spesso. Questo '' giovane '' romano canta esclusivamente in inglese e stupisce per originalita' nei suoi pezzi. Pezzi come '' Liar '', '' About Love And Indifference '' e la sanremese '' 1969 '' sono una ventata d' aria fresca. Purtroppo ne' per la critica e ne' per il grande pubblico cio' e' stato visibile ma poco importa. Nella musica si diventa grandi per i proprio prodotti e non per i premi o le onorificenze che si ricevono, giuste o sbagliate che siano. Questo penso che The Niro lo sappia, ed e' infatti in grado di reagire con una musica senza padroni, puro figlio del suo enorme talento. A questo ragazzo mi lego per esprimere tutto il mio dissenso verso questa enorme mascherata che e' stato il Festival. Un miscuglio di musica insulsa ( Non mi e' nuovo l' aggettivo insulso riferito a Sanremo), continui cenni propagandisti o da proselitismo politico, una conduzione abbastanza moscia e supportata da un cast di ospiti della stessa risma, eccezion fatta per il grande Cat Stevens. Inoltre, nonostante sia ormai realta' storica concreta, mi stupisco ogni anno di quanto sia deprimente il livello di quelli che vengono presentati come '' Big '' a confronto di quelli che invece sono '' le nuove proposte ''. A questo punto, e' cosi' azzardato pensare di fare due Sanremo a parte? Uno per ascoltarsi l' ennesima lagna del recidivo Renga ( Dovresti vergognarti, detto da un nostalgico dei Timoria ) e company ( Magari escludendo un, seppur deludente, Gualazzi e un, esclusivamente per i testi e per la sua interpretazione nella cover del padre, De' Andre).
Un altro per i giovani, come The Niro, in grado di oscurare, almeno nella mia ottusa mente, l' aurea di tutti gli altri '' artisti '' in scena. Non tutto cio' che giovane e' buono, ma con The Niro, l' emulo di Yorke, figliol prodigo dei Radiohead, tende ad esserlo.
MLV
Il Cercatore D' Oro
#Radiohead #PinkFloyd #TheNiro #RoccoHunt #OkComputer#ThomYorke #Rock #Sanremo
concordo su tante cose... dai Radiohead, uno dei miei gruppi preferiti in assoluto - compresi quelli del primo periodo, molto brit rock - e ovviamente sul talento di Davide che conosco e seguo dai suoi esordi. E' assurdo che un cantautore del suo calibro, che a me ricorda tanto anche Jeff Buckley, altro grandissimo, sia ben quotato all'estero, subito lanciato dalla Universal e poco più che sconosciuto da noi, se non ora che è andato a Sanremo, cantando tra l'altro per la prima volta in italiano. La sua 1969 mi ha colpito da subito, ho avvertito il suo inconfondibile timbro, anche se devo abituarmi a sentirlo in italiano. Pezzi come Liar o So different, precedenti singoli dal suo esordio, brillano di luce propria. Auguro davvero a The Niro ogni fortuna, perchè se lo merita, perchè in Italia è raro trovarsi di fronte a un talento simile, da un punto vista puramente vocale ma anche compositivo. Gianni
RispondiEliminaSono contento che sia d' accordo con me Gianni. Come gia' precisato, mi rendo conto di non avere le chiavi della verita' in mano, ma e' altrettanto vero che risulta inconcepibile che vengano ( Quanto e' brutto usare questo plurale, come mi riferissi ad una sorta di complotto! ) valorizzati giovani artisti che non hanno merito alcuno a scapito di giovani che invece, a causa di questo deliberato atto del privilegiare il cliche' sanremese, hanno sempre meno opportunita' di, almeno cercare, riportare la scena italiana ha una dignita' che le spetterebbe di diritto. Inoltre, The Niro, come tanti altri, sono la prova vivente che generalizzare affermando che '' tutta la musica italiana fa schifo '' e' un' affermazione indice di superficialita', e conseguentemente, di poca conoscenza. Sono molto contento che ci siano persone che come lei si prodighino ancora alla ricerca di queste pepite e soprattutto sono molto felice del fatto che questo ragazzo si sia fatto conoscere a livello nazionale. Per il resto, ossia i Radiohead, penso non ci sia altro da aggiungere, nel senso piu' positivo che ci sia. La invito, dato che ne ha espresso l' apprezzamento, a leggere l' articolo che scrissi su Jeff Buckley e Damian Marley. Grazie per l' attenzione.
RispondiEliminaMLV
entreremmo in un discorso lungo e complesso se volessimo addentrarci nei motivi per cui certa musica di qualità in Italia sia sconosciuta ai più. Gente come The Niro o Zibba nei loro ambiti sono già rispettabilissimi, pluripremiati e con un seguito di fedeli, magari non numeroso, ma vero e appassionato. Solo fermandoci a Sanremo negli anni scorsi erano transitati l'interessante cantautrice pugliese Erica Mou (classe 90) di recente ha collaborato anche nel film di Papaleo con una bellissima canzone inserita nel suo secondo album che vale più di un ascolto. Oppure c'era Guazzone... diversi anni prima fecero capolino sul palco nella stessa edizione dei giovani L'Aura che era già "famosetta", cantando dapprima in inglese, il raffinato Ivan Segreto, fautore di un pop jazz davvero ispirato, gli intensissimi Deasonika e gli Ameba 4... specie quest'ultimi, se ti piacciono i Radiohead potrebbero non lasciarti indifferente :-) peccato che si sciolsero dopo il Festival, in pratica... una cosa da eccepire sulla tua bella disamina riguarda i sigur ros, che io considero non dico alla stregua della band di Oxford, ma comunque tra le poche in circolazioni in grado di regalarmi forti emozioni... e poi sono coevi dei Radiohead, ho tutti i dischi di entrambi e non mi pare che li vogliano emulare... sono semplicemente due ottimi gruppi! poi damien rice lo adoro, così come Paolo Nutini o Rufus Wainwright... da questo punto di vista, decisamente, il Festival faziano non mi ha deluso! Mi occupo tra le altre cose di musica e a breve uscirà in libreria un mio terzo lavoro: si tratterà di un saggio sulla miglior musica italiana (per me ovviamente! :-) ) emersa nel decennio dei '90.. secondo me lì la nostra musica aveva toccato buone vette, non sfigurando al cospetto dell'enorme fioritura di artisti internazionali emersi oltremanica (con tutta l'ondata britpop che ho letteralmente consumato di ascolti!) e oltreoceano (dal grunge in poi)... saluti alle prossime Gianni "Vanoli" o "Villegas" Gardon
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